Camminando in un bosco di faggi si può avere la sensazione di essere in una cattedrale gotica, trovandosi in un ambiente ombreggiato e umido. Quando in primavera le foglie dei faggi, da verde acceso, sottili e ricoperte da peluria bianca, man mano si ispessiscono e diventano verde scuro, il fitto fogliame della chioma trattiene gran parte della luce del sole schermando quasi completamente l’arrivo dei raggi al suolo. In questo ambiente così ombroso il sottobosco è altamente ridotto e non molte specie vegetali riescono a sopravvivere, a eccezione di quelle sciafile come il tasso e l’agrifoglio, che non richiedono illuminazione solare diretta.
A inizio primavera, le foglioline del faggio sono ancora molto vulnerabili e saltuariamente può capitare che la pianta calcoli male il momento del loro sviluppo. Così l’arrivo di una nevicata o gelata tardiva, eventi che avvengono a stagione vegetativa iniziata, hanno gravi effetti sull’apparato fotosintetico. Alcuni studi hanno rivelato, però, che il faggio riesce a reagire efficacemente a questi danni per mezzo della mobilitazione di zuccheri e sostanze nutritive di riserva, che permettono alla pianta di mettere in atto una seconda foliazione, rimpiazzando così le foglie “bruciate” dal gelo.
Le chiome nelle faggete vanno incontro anche ad altri pericoli. Un parassita esclusivo del faggio, infatti, è sempre in agguato. Il piccolo moscerino Mikiola fagi è un dittero che depone le proprie uova nelle gemme. La larva, una volta schiusa, penetra nelle nervature delle foglie inducendo la formazione di una galla, una piccola malformazione legnosa di forma sferica che vediamo spesso sulle foglie a seguito dell’attacco di funghi, insetti o altri organismi. In queste formazioni tumorali cave, la larva viene protetta finché non avviene la metamorfosi ed emerge l’adulto. Ma uno dei peggiori nemici delle chiome è il minuscolo coleottero Rhynchaenus fagi, ovvero l’orcheste del faggio: gli adulti si nutrono infatti delle giovani foglie, bucherellandole e deponendovi le proprie uova. Una forte infestazione di questo insetto può distruggere talvolta gran parte del fogliame.
In estate, i rami alti e frondosi filtrano la luce del sole, creando una danza giocosa di luci e ombre. La chioma ha una grande importanza nei processi chimici. Infatti, attraverso uno dei processi biologici più importanti del pianeta, la fotosintesi clorofilliana, le piante rilasciano molecole d’ossigeno, producono composti organici e sequestrano anidride carbonica.
La faggeta, con l’arrivo dell’autunno, diventa una tavolozza piena di colori. Le chiome si riempiono di colori vivaci: il verde delle foglie lascia spazio al rosso, al giallo e all’arancione. Questo processo avviene con l’arrivo dei primi freddi e con le giornate sempre più brevi che stimolano le piante a immagazzinare all’interno del tronco la clorofilla, non più necessaria alla fotosintesi, e a lasciare nelle foglie solamente gli zuccheri e i pigmenti carotenoidi, che donano i colori vivaci. Il coloratissimo foliage rende famose le faggete, formando un bellissimo e pittoresco tappeto sul suolo in contrasto con il verde dei muschi e il grigio dei licheni.
Durante il susseguirsi delle stagioni sono proprio le ampie chiome di questi alberi, con colori che sfumano dal verde, al rosso e all’arancione a conferire il carattere e l’identità ai faggi.
Vita di un faggio, tra storia e memoria
Maggio 1861. Dopo anni di insurrezioni, l’Italia è da poco diventata il Regno d’Italia, uno Stato unitario governato da una monarchia costituzionale. In queste terre, a circa 1300 metri d’altezza,