Parco Nazionale del Pollino

La più grande area protetta d'Italia
Tra i faggi più antichi d’Europa
I millenari pini loricati
Il raro picchio rosso mezzano
Loading...

Territorio

Il Parco Nazionale del Pollino, la più grande area protetta d’Italia, è stato istituito nel 1993 a cavallo tra due regioni, Basilicata e Calabria, e tra due mari, il Tirreno e lo Ionio. Comprende i territori di 56 Comuni: 32 in provincia di Cosenza, 22 in provincia di Potenza e 2 in provincia di Matera.

Il territorio protetto ha una morfologia prevalentemente montuosa, costituita da tre massicci appartenenti all’Appennino calabro-lucano meridionale: il massiccio del Pollino, situato al centro del Parco, il complesso dei monti dell’Orsomarso a sud-ovest, il Monte Alpi a nord.

Il massiccio del Pollino è la montagna più alta dell’Appennino meridionale italiano, con vette che superano i 2.000 m di altitudine, come il Serra Dolcedorme (2.267 m), il Monte Pollino (2.248 m), il Serra del Prete (2.181 m), il Serra delle Ciavole (2.127 m) e il Serra di Crispo (2.053 m). Tra questi ultimi due picchi si apre la Grande Porta che introduce ai Piani di Pollino, l’altopiano più famoso dell’area, circondato da crinali di alta montagna da cui è possibile vedere gli esemplari più antichi di pino loricato, specie simbolo del Parco.

La pianura di Campotenese separa il massiccio del Pollino dai monti dell’Orsomarso, che si innalzano nel sud-ovest del Parco con una fitta vegetazione: Cozzo del Pellegrino (1.987 m), La Mula (1.935 m), Montea (1.825 m), Monte La Caccia (1.744) e Monte Palanuda (1.632 m) individuano una zona di assoluta integrità e bellezza. Nella parte settentrionale del Parco si erge il Monte Alpi (1.900 m) e, più a ovest, il Monte La Spina (1.652 m).

Il paesaggio si diversifica notevolmente: mentre a nord discende dolcemente verso i fiumi Sinni e Mercure-Lao, a sud si presenta aspro e accidentato. Il territorio è caratterizzato da un susseguirsi di montagne, pianori, timpe, costoni e strapiombi, rocce di origine magmatica, dolomie, circhi glaciali, accumuli morenici, grotte, gole. Alcuni fiumi sono circondati da lussureggiante vegetazione boschiva, come il Peschiera, altri imprigionati all’interno di profonde gole come il Raganello, l’Argentino e il Lao. Se il calcare è la roccia dominante, non mancano formazioni come la Timpa delle Murge con i suoi “cuscinetti di lava”. Ai dolci pendii boscosi, si contrappone la maestosa Timpa di San Lorenzo con i suoi 800 m di parete verticale.

La vegetazione si distingue per la grande ricchezza delle specie presenti che testimoniano la varietà e la vastità del territorio, e le diverse condizioni climatiche che lo influenzano. Alcune specie endemiche e la presenza di rare associazioni vegetali rendono l’area del Parco unica in tutto il Mediterraneo. Tuttavia, ciò che distingue e rende unica la vegetazione montana e altomontana del Pollino è il pino loricato, emblema del Parco, che svetta imponente, isolato o in nuclei, dai piani soleggiati alle creste più impervie, inerpicandosi su aspre pareti di roccia ed esponendosi tenacemente alle intemperie e ai venti più forti.

Il pino loricato riveste una grande importanza sia da un punto di vista evoluzionistico che conservazionistico. È infatti considerato un vero e proprio “fossile vivente”, relitto dei movimenti di “fitomigrazione” dalla penisola balcanica connessi alle grandi glaciazioni. La straordinaria vitalità che lo ha condotto ai nostri giorni deriva verosimilmente dall’accentuata combinazione di caratteristiche botaniche particolari e, al tempo stesso, preziose in rapporto all’habitat occupato.

Foresta

Le due faggete vetuste (cluster) del Parco Nazionale del Pollino rappresentano degli esempi unici di ecosistemi naturali forestali ad altissima naturalità in ambiente mediterraneo montano. Nel complesso ricoprono 574 ha con un’area buffer di 2.852 ha.  L’inclusione della faggeta vetusta del Pollinello in un cluster con Cozzo Ferriero ha permesso di inserire nel sito seriale popolamenti al limite altitudinale della faggeta in ambiente mediterraneo (2000 m slm). Le due componenti vegetano in un paesaggio selvaggio e remoto. L’ampia area buffer protegge in modo integrale questi unici ecosistemi di faggio d’alta montagna rendendo il Pollino un sito speciale per la conservazione dei processi bioecologici al limite altitudinale superiore e meridionale della faggeta (foreste di alta montagna nella zona di transizione subalpina nella regione mediterranea).

Qui si rinviene un complesso mosaico di forme strutturali appartenenti a tutte le fasi del ciclo della faggeta dalle plantule a numerosi alberi habitat plurisecolari e abbondante legno morto che hanno conservato la biodiversità con particolare riferimento alle specie a rischio. Una sezione della faggeta vetusta del Pollinello presenta un popolamento dove non si rinvengono i segni della mano dell’uomo, come in una faggeta vetusta primaria. Qui vivono numerosi faggi di oltre 500 anni tra cui Michele e Norman di oltre 620 anni di età, i faggi scientificamente datati più vecchi d’Europa.  A poca distanza sempre in prossimità di nuclei di faggete vetuste vegeta il millenario Italus, un pino loricato, un testimone delle epoche climatiche passate, capace di raggiungere un’età plurisecolare in una delle aree più selvagge dell’Italia peninsulare. Queste faggete vetuste rappresentano uno dei siti più meridionali d’Europa. Ci troviamo, infatti, in una zona rifugio per le specie forestali dove alberi centenari hanno avuto la capacità di acclimatarsi alle vicissitudini climatiche. Queste aree ospitano genotipi unici, adattati a climi caldo-aridi, la cui conservazione è cruciale per comprendere le capacità del faggio di rispondere all’attuale cambiamento climatico. In sintesi, queste faggete vetuste si trovano in un contesto ecologico e geografico marginale e testimoniano l’eccezionale capacità del faggio di adattarsi a climi estremi con inverni rigidi, gelate tardive ed estati siccitose in una zona di rifugio glaciale.

La faggeta vetusta del Pollinello, in provincia di Cosenza, ha ottenuto il riconoscimento a patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO nel 2021. Sul Monte Pollinello ampi tratti di faggete centenarie sono sopravvissuti alle passate campagne di taglio dei boschi. Su questo versante faggi plurisecolari crescono a stretto contatto con alberi molto vecchi (800-1200 anni) di pino loricato, specie relitta del Terziario. La struttura di questa foresta secolare è molto complessa a testimonianza della elevatà naturalità del popolamento che si sviluppa in un ambiente di quota estremo dai caratteri subalpini. Qui la faggeta pura entra in contatto con vecchi pini loricati che si rigenerano sotto la chioma del faggio in luoghi rocciosi, ventosi e innevati. La struttura del popolamento di faggio è caratterizzata da una articolata distribuzione diametrica che comprende faggi di un metro e numerosissimi alberi habitat. Il Pollinello ospita i faggi più antichi dell’emisfero settentrionale, con diversi alberi che superano i 600 anni (età massima misurata: 620 anni) nella parte della foresta vetusta primaria. Anche le altre faggete centenarie si caratterizzano per gli elevati livelli di naturalità: secondo i documenti storici e le indagini dendroecologiche, numerosi alberi hanno più di 400-500 anni.

La foresta vetusta di Cozzo Ferriero nel Pollino a Rotonda, in provincia di Potenza, ha ottenuto il riconoscimento a patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO nel 2017. Questa faggeta è radicata lungo la dorsale che da Coppola di Paola raggiunge Cozzo Ferriero, in Basilicata, in agro del Comune di Rotonda. È estesa circa 70 ettari e si sviluppa su una superficie quasi pianeggiante compresa tra 1.700 e 1.750 m, in prossimità dello spartiacque che segna il confine tra Basilicata e Calabria. L’esposizione prevalente è ovest e geologicamente l’area è caratterizzata da rocce carbonatiche con prevalenza di calcari dolomitici, su cui si sono formati suoli moderatamente profondi. In questa area vegetano faggi monumentali con età di circa 500 anni, tipici delle fasi più mature della dinamica forestale, con presenza di alberi di svariate dimensioni e un accumulo di alberi morti in piedi e schiantati, tipici delle faggete vetuste. Qui, l’assenza di impatti significativi legati alle attività umane per un periodo di tempo sufficientemente lungo ha consentito alle dinamiche naturali di esprimersi, dando luogo a una foresta complessa e ricca di biodiversità.

La distribuzione delle piante in classi di diametro evidenzia in modo netto la presenza di due gruppi di alberi ben distinti tra loro: un primo gruppo formato da piante di piccole dimensioni e un secondo gruppo con alberi di oltre 30 cm di diametro. Gli alberi del primo gruppo presentano in genere forma da buona a discreta. Il fusto è generalmente diritto e privo di malformazioni, e la chioma è contenuta e alta, a differenza degli alberi più vetusti, che spesso mostrano i segni della loro età. La distribuzione sul terreno non è uniforme e appare concentrata soprattutto dove ci sono state delle interruzioni della copertura, che hanno favorito l’insediamento e l’affermazione delle giovani piante.

A livello locale, l’alto valore simbolico storico e culturale di queste foreste è testimoniato dall’importanza a loro riconosciuta dalle popolazioni locali, che le hanno rispettate e conservate anche attraverso periodi storici meno fortunati, come le due guerre mondiali, ed eventi climatici avversi, fino a consegnarle a noi.

Biodiversità

L’articolazione orografica molto varia del massiccio e la sua ricchezza di formazioni vegetali e di acque è alla base della diversità delle popolazioni animali che vivono nel Parco.

Le faggete di queste aree, a volte miste con Abies alba subsp. Apennina, si diffondono nell’alta montagna (quote superiori a 1500 m slm) nell’Appennino calabro, dal Pollino all’Aspromonte e si caratterizzano per la presenza di specie mediterraneo-montane e mediterraneo pontiche quali Ranunculus brutius e Campanula trichocalycina.

Nelle faggete vetuste l’attività umana è assente da molti decenni, in alcuni tratti da molti secoli, come dimostrato da una diffusa presenza di alberi habitat e legno morto di grandi dimensioni e in tutte le fasi di decomposizione. Numerose sono le specie indicatrici di vetustà quali Lobaria pulmonaria e Osmoderma italicum a testimonianza della ricca biodiversità che si annida in queste foreste.

Partendo dal vasto e variegato mondo degli insetti, citiamo il Buprestis splendens, uno dei coleotteri più rari d’Europa, e la Rosalia alpina, un bellissimo e appariscente coleottero di colore azzurro cenere con macchie nere vellutate, tipico delle faggete mature. Gli anfibi del Pollino comprendono diverse specie o sottospecie endemiche italiane, tra cui il tritone crestato italiano, la salamandrina dagli occhiali, l’ululone dal ventre giallo e la più comune raganella. Tra i rettili, nel Parco vivono due specie minacciate: la testuggine palustre e la più nota testuggine comune. Nei corsi d’acqua e nelle acque di sorgente è possibile osservare inoltre il gambero e il granchio di fiume, i quali vivono in alcuni torrenti del Parco con acque pulite e ben ossigenate. Il gambero, in particolare, entra in qualità di preda nella catena alimentare della lontra, presente in alcuni corsi d’acqua del Parco Nazionale con una popolazione ridotta e molto frammentata.

Varia e non meno rilevante è l’avifauna. Ben dodici sono le specie di rapaci diurni nidificanti, tra cui l’aquila reale, che nidifica sulle pareti dei monti del massiccio, e il capovaccaio, il più piccolo tra gli avvoltoi europei. Un tempo abbondante in tutto il Meridione, è ora divenuto molto raro per le mutate condizioni ambientali: è infatti legato ai grossi spostamenti del bestiame divenuti ormai sporadici. Ritorna dall’Africa nei mesi di aprile-maggio e frequenta la zona di sud-est del territorio del Parco Nazionale del Pollino.

Tra i mammiferi sono molte le specie presenti sul territorio del Parco, ma la specie che merita più attenzione è certamente il capriolo, molto importante dal punto di vista genetico perché forse appartenente all’ultima popolazione originaria dell’Appennino. Il Pollino, infine, grazie alla morfologia del territorio molto accidentata e che quindi offre molte possibilità di rifugio, sembra essere, di tutto l’Appennino meridionale, la zona di maggior interesse per la conservazione del lupo.

La flora del massiccio del Pollino presenta delle caratteristiche interessanti anche per la presenza di singole specie floristiche, importanti soprattutto per la loro distribuzione e presenza nel Parco. Tuttavia, il vero simbolo della biodiversità del Parco è il famoso pino loricato: fino agli inizi dell’ottocento, solo pastori e boscaioli sapevano dell’esistenza di grossi pini in cima a poche inaccessibili montagne del Pollino. Le prime notizie risalgono al 1826, quando il botanico partenopeo Michele Tenore raccolse per la prima volta dei rametti di questo pino ai Piani di Pollino a circa 1.850 m di quota, che vennero tuttavia confusi con altre specie di pini simili. Sino ai primi anni del 1900 sul pino del Pollino c’è poca chiarezza, fino a quando, nel 1905, Biagio Longo parlò per la prima volta di pino loricato per la peculiarità della corteccia, le cui fessurazioni in grandi placche poligonali lo rendono simile alla corazza a squame dei legionari romani, detta appunto lorica. Emblema del Parco, riveste una grande importanza sia da un punto di vista evoluzionistico che conservazionistico, ed è considerato un vero e proprio “fossile vivente”.

Come arrivare

Per arrivare al Parco Nazionale del Pollino con l’auto per chi giunge sia da nord che da sud, lasciando l’autostrada A3 nel tratto tra i caselli di Lauria Nord, in Basilicata, e Spezzano Terme, in Calabria, è possibile raggiungere numerosi comuni del Parco, collegati dalla SS 19 che attraversa l’area protetta.

In Calabria, sul versante tirrenico, lungo la SS 18 da Tortora a Belvedere M.mo, si possono percorrere molte strade che si snodano verso l’interno; fra di esse la SS 504, che da Scalea, passando per Santa Domenica Talao, porta a Papasidero e Mormanno, nonché la SS 105 che da Belvedere M.mo raggiunge Castrovillari e Francavilla M.ma.

Qui si può giungere anche dal versante ionico, prendendo la SS 92, per chi proviene dalla SS 106. Sempre su questo versante, chi arriva da nord-est, appena dopo Policoro, in Basilicata, dalla SS 106 può imboccare la SS 653, la strada di fondovalle “sinnica” che porta a Valsinni nella Valsarmento, e superato il lago di Monte Cotugno può svincolare per la Valle del Frido. Proseguendo sulla sinnica, si attraversa la zona termale di Latronico e si giunge allo svincolo autostradale di Lauria Nord.

Chi viaggia in autobus, può usufruire delle numerose autolinee che si fermano a poca distanza da Rotonda, in provincia di Potenza.

Per chi desidera viaggiare in treno, importanti nodi ferroviari sono Sapri, in Campania; Scalea, Paola, Roggiano Scalo – San Marco Argentano, Trebisacce e Sibari, in Calabria; Policoro e Maratea in Basilicata. Infine, è possibile fare scalo ai seguenti aeroporti: Lamezia Terme (CZ), Napoli e Bari.

Per informazioni:

Orari dei treni: www.trenitalia.it

Autobus: www.simetspa.it, www.lavalle-bus.it

Sentieri

La faggeta di Cozzo Ferriero è visitabile tramite escursioni da effettuare a piedi, grazie alla presenza di alcuni sentieri CAI che la attraversano. Di seguito è descritto un percorso di facile percorrenza con partenza dal rifugio Fasanelli, che consente di effettuare una piacevole escursione all’interno di questo monumento naturale oggi patrimonio UNESCO.

Tuttavia la visita al Parco Nazionale del Pollino non può prescindere da quello che è il vero simbolo di questo vasto e selvaggio territorio, ovvero il pino loricato: pur essendo numerose le possibilità per effettuare escursioni di vario grado di difficoltà alla scoperta di questi affascinanti alberi, è di seguito descritta una breve e semplice passeggiata alla portata di tutti fino al Belvedere di Malvento, un punto panoramico da cui osservarne con facilità alcuni esemplari.

1. Tra i faggi più vecchi d’Europa

Un facile percorso per visitare la faggeta di Cozzo Ferriero

  • Lunghezza 2,5 km con andata e ritorno sullo stesso percorso
  • Dislivello 500 m
  • Tempo complessivo 2 ore circa
  • Difficoltà da bassa a media a seconda della stagione per la brevità del percorso e i limitato dislivello

Il percorso segue il tracciato del sentiero 904/C con partenza dal rifugio Fasanelli e arrivo su Cozzo Ferriero (1.790 m) all’innesto con il sentiero 908. Si tratta di una piacevole salita tra le faggete patrimonio UNESCO del Parco del Pollino, su un tracciato di media difficoltà che si svolge su strada forestale e poi su sentiero, mentre a tratti si sale liberamente nella faggeta.

L’itinerario consente di attraversare lembi foresta vetusta lasciati alla libera evoluzione e di giungere ad un affaccio panoramico sul lato calabrese del parco: i Massicci del Pollino e dell’Orsomarso, la Sila, la Basilicata tutta e le Isole Eolie.

2. Il Belvedere di Malvento e i Pini loricati

Una breve passeggiata per scoprire il simbolo del Parco Nazionale

  • Lunghezza 1,5 km
  • Dislivello 100 m
  • Tempo complessivo circa 30 minuti
  • Difficoltà facile e adatta a tutti

Questa breve passeggiata ha come punto di partenza Piano Ruggio (1.550 m slm), un pianoro carsico situato nel cuore del Parco, al confine tra Basilicata e Calabria. Da qui è possibile giungere al Belvedere del Malvento, un punto panoramico utilizzato in passato come stazione della teleferica per il trasporto del legname, affacciata sulle pareti del Timpone della Capanna e sulla Piana di Castrovillari. Dal Belvedere è possibile osservare non molto distante il pino loricato, il simbolo del Parco Nazionale del Pollino.

Attività

Trekking e rafting, torrentismo e canyoning, arrampicata e free climbing, mountain bike e turismo equestre: sono solo alcune tra le principali attività del turismo outdoor che il Parco Nazionale del Pollino è in grado di offrire e proporre per tutto l’anno.

Una vera e propria palestra all’aria aperta dove il visitatore non solo potrà scegliere e avventurarsi in diverse attività, ma anche scoprire un patrimonio di inestimabile valore culturale, paesaggistico e naturalistico. Il Parco del Pollino, con la sua varietà di ambienti naturali e umani, rappresenta un’eccezionale area wilderness che vale la pena di conoscere: un luogo fatto di tanti scenari, che fonde la natura selvaggia e incontaminata e ambienti ricchi di storia, cultura e tradizioni popolari.

Per arricchire la visita all’area protetta e scoprire la faggeta vetusta di Cozzo Ferriero è consigliata la visita all’Ecomuseo del Pollino, realizzato presso il complesso Monumentale Santa Maria della Consolazione a Rotonda, in provincia di Potenza, il quale raccoglie l’intero patrimonio del Parco del Pollino, elemento vivo in grado di rappresentare la vita dei territori del Parco. Incontro tra natura, storia e tecnologia, in modo semplice e coinvolgente, l’Ecomuseo racconta ogni aspetto del territorio del Parco, configurandosi come un polo attrattivo per i visitatori di tutte le età.

Dalla storia del Parco, alla flora e alla fauna, dalla cultura alle tradizioni, il percorso espositivo coinvolge i visitatori in un affascinante viaggio alla scoperta dell’area protetta, grazie a supporti espositivi e tecnologie innovative basati sui nuovi linguaggi della comunicazione museale, e grazie all’ausilio di immagini, filmati, ricostruzioni in grafica 3D, ambientazioni tattili, visive e auditive.

Oltre all’Ecomuseo, esistono sul territorio altri importanti poli museali sul territorio del Parco, tra cui il Museo della Cultura Arbëreshe di San Paolo Albanese, il Museo del Termalismo di Latronico, il Museo Internazionale della Grafica di Castronuovo Sant’Andrea, il Museo etnico Arbëreshë di Civita, il Nibbio o Centro Studi Naturalistici del Pollino di Morano Calabro, il Parco letterario Isabella Morra-Valsinni e il Museo Virtuale d’Ajeta.

Sono inoltre attivi diversi centri visita e punti informazione, tra cui il Centro visita di Morano Calabro, il Centro visita di Mormanno, il Centro visita di Orsomarso e gli sportelli informativi di Acquaformosa, Belvedere Marittimo, Sant’Agata d’Esaro e Santa Domenica Talao.

Nel Parco operano inoltre numerose guide ufficiali e guide ambientali escursionistiche specializzate, che organizzano centinaia di escursioni durante tutto l’anno, dalle passeggiate nei colori primaverili, estivi ed autunnali alle ciaspolate sulla neve in inverno.